«Benvenuti al consueto appuntamento settimanale con Tg Salute. In nostra compagnia oggi il dottor Stefano De Cillà, direttore del reparto di oculistica dell’ospedale Maggiore di Novara. Buongiorno dottor De Cillà e grazie per essere qui con noi a parlare di temi importantissimi, perché oggi cercheremo di affrontare due temi legati a delle patologie che sono riguardanti i nostri occhi, come il distacco della retina e la cataratta. Quanti di voi ne soffrono e ne hanno sentito parlare? Direi di partire subito con la cataratta, che è uno degli argomenti principali che coinvolgono milioni di italiani, soprattutto in età avanzata. È vero che è soprattutto in età avanzata oppure sfatiamo questo mito?»
«No, la cataratta colpisce prevalentemente l’età senile, infatti due persone su tre sono colpite sopra i 70 anni, addirittura tutti i pazienti sopra gli 80. Non è solo la cataratta senile quella a cui facciamo riferimento quando parliamo di cataratta ma la patologia può colpire anche l’età pediatrica e la non senilità: insomma, ci sono delle condizioni, come il diabete e la miopia elevata, che possono produrre la patologia in età ben più precoce della senile.»
«Ci sono dei sintomi facilmente identificabili?»
«Diciamo che nelle fasi iniziali ci sono dei prodromi che possono condurre dall’oculista, come la visione di aloni attorno alle sorgenti luminose, la difficoltà della percezione dei colori, la difficoltà della visione notturna… Poi ovviamente la cataratta, progredendo, produce il calo visivo, che è quello che poi porta tutti dall’oculista.»
«Ecco, fondamentale non fare azioni fai da te: oggi su internet si legge di tutto e di più e magari si prendono delle gocce che possono peggiorare le situazioni. Ci ha scritto un telespettatore di aver utilizzato dei metodi fai da te, complicando poi la sua situazione.»
«Qualsiasi cosa che si può fare non guarisce dalla cataratta se non la chirurgia, quindi io consiglierei al paziente di astenersi da qualsiasi procedura fai da te e di recarsi, se ha uno dei sintomi che ho elencato, dall’oculista, per far fare un’eventuale diagnosi dall’esperto.»
«Ci sono dei sintomi che ci ha elencato adesso il dottor De Cillà che sono assolutamente da non sottovalutare, perché se si trascinano quali sono le complicanze a cui si va incontro?»
«La cataratta di per sé è la prima causa di cecità in quei paesi in cui non può essere operata, ed è la seconda causa di cecità nei paesi in cui può essere operata, quindi non si scappa. La cataratta se evolve, porta a riduzione inevitabile dell’acuità visiva. Detto questo, se non in alcuni casi, la cataratta non è mai un’urgenza perché ha un’evoluzione lenta e progressiva; le uniche due condizioni che non devono far procrastinare l’intervento chirurgico sono condizioni cliniche, in quanto la cataratta può, evolvendo, far rischiare al paziente un attacco di glaucoma, così come anche fatti uveitici che vanno risolti con l’intervento in urgenza.»
«L’intervento è di tipo tradizionale o con tecniche d’avanguardia rispetto al passato?»
«L’avvento del laser nella chirurgia della cataratta ha fatto sì che molti oculisti stiano portando avanti questa metodica; ritengo tuttavia che la riproducibilità e l’efficacia della chirurgia tradizionale allo stato attuale non sia da considerare meno della tecnica laser; la tecnica laser, sì, assicura la standardizzazione di alcuni passaggi, però ad oggi non è dimostrata la superiorità della strategia laser rispetto alla tradizionale.»
«Lei cosa preferisce?»
«L’intervento in chirurgia tradizionale è un intervento che in mani di un chirurgo medio ha una bassissima probabilità di complicanze: si effettua in anestesia topica, quindi solo con le gocce, e nel 97% dei casi rende il paziente felice. Diciamo che la tecnica ad oggi utilizzata e di maggior impatto in tutti i reparti di oculistica è la tecnica tradizionale di chirurgia con ultrasuoni.»
«Quindi lei mi sembra di capire che opti per la seconda, per quella più innovativa? E che tempi hanno?»
«No, probabilmente mi sono espresso male. Nulla da togliere alla standardizzazione che il laser permette in alcuni passaggi della terapia chirurgica, ma essendo nelle mani di un chirurgo la chirurgia della cataratta così standardizzata per l’elevata ripetitività del gesto, si è arrivati a livelli così elevati di performance che attualmente la tecnica chirurgica con ultrasuoni, che è quella diffusa ovunque ed utilizzata oggi, è ancora il riferimento.»
«La tempistica: quanto dura un intervento di cataratta? Come ci si deve preparare? Che tipo di anestesia viene fatta? E Quali sono i tempi di recupero?»
«Al paziente viene dato un collirio antibiotico nei giorni precedenti da instillare e questa è una profilassi per le infezioni nel postoperatorio; poi viene fatto un pre ricovero con delle indagini atte a garantire la salute e le eventuali alterazioni sistemiche del paziente; dopodiché si fa un esame preliminare per decidere il tipo di lentina da inserire, perché cambia da paziente a paziente il potere di diottrie da inserire nell’occhio. Il giorno dell’intervento il paziente entrerà in sala operatoria: l’intervento in media dura una decina di minuti e successivamente all’intervento il paziente dovrà fare una terapia con colliri per circa quindici giorni dopo l’intervento, fino a un mese in alcuni casi.»
«Okay e i tempi di recupero poi sono definitivi o bisogna fare dei controlli saltuari?»
«La cataratta, come tutti gli interventi, ha delle complicanze anche a lungo termine; infatti, faccio un esempio, se il distacco di retina nella popolazione non sottoposta ad intervento di cataratta colpisce un paziente su diecimila, negli operati di cataratta colpisce l’1-3%, per cui abbiamo un fattore di rischio. Il paziente operato di cataratta, dunque, deve sottoporsi annualmente a dei controlli e se sintomatico, ovviamente, nell’immediato.»
«Adesso cambiamo argomento e parliamo del distacco della retina, altra patologia di cui sentiamo spesso parlare: di che cosa si tratta? Che cos’è il distacco della retina?»
«Il distacco della retina avviene quando la retina, che è un tessuto intraoculare, si distacca dal sottostante tessuto chiamato coroide, che è un tessuto spugnoso vascolare che nutre la retina stessa. Perché si distacca la retina? Perché si formano delle rotture di questo tessuto e il liquido che è presente all’interno dell’occhio, contenuto in un gel chiamato vitreo, tende ad infilarsi al di sotto della retina, staccandola. Lei dirà: perché si formano queste rotture? È un fatto all’interno all’occhio e tutti i pazienti chiedono: cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto mangiare? Non c’entra nulla: il distacco della retina, se non traumatico e se non conseguente a patologie oculari, è solo relativo a un processo di liquefazione vitreale. Si tratta di un gel che abbiamo nell’occhio che quando nasciamo è compatto, poi questo gel si disgrega, si liquefa e perde la sua originale struttura.»
«Ha un fattore ereditario questa perdita?»
«Diciamo che c’è una certa familiarità nell’avere questi problemi. Questo vitreo disgregandosi si scolla dalla retina: questo non è un distacco di retina ma è un distacco di vitreo, che accade in un’altissima percentuale di casi sopra i 60 anni, ovviamente non determinando patologie in tutti i casi ma in una piccolissima percentuale di questi può, in aree in cui il vitreo è adesso tenacemente alla retina, staccarsi, tirandola e creando le rotture.»
«È pericoloso?»
«Ovviamente è molto pericoloso il distacco della retina (la terapia è chirurgica). Il paziente avverte dei sintomi che possono essere abbastanza caratteristici, come ad esempio la visione di mosche volanti, che in tanti abbiamo, ma questo vuol solo dire che il vitreo si sta disgregando, non c’entra nulla con il distacco di retina. Un aumento improvviso di queste mosche volanti, la visione di una ragnatela, ma soprattutto la visione di flash luminosi, devono portare il paziente ad effettuare una visita oculistica, perché ragnatela e mosche volanti individuano la disgregazione del vitreo, mentre i lampi sono la manifestazione visiva di una trazione meccanica che il vitreo esercita sulla retina, per cui quando ci sono questi due sintomi non è detto che ci sia ancora né rottura né distacco di retina ma che qualcosa sta modificandosi. Quello è il momento giusto per sottoporsi a una visita oculistica.»
«E si individua immediatamente attraverso la visita oculistica o bisogna fare degli esami specialistici?»
«La visita oculistica ci può dire: sì presenza di rotture, no presenza di rotture e se sì presenza di rotture con distacco di retina o senza distacco di retina. Se non ci sono rotture si dà al paziente un controllo, in genere dopo quindici giorni/un mese, per vedere che questo processo che si sta instaurando non ne determini delle rotture a distanza; mentre se ci sono delle rotture senza distacco di retina ma sintomatiche, vanno trattate profilatticamente con il laser, che crea una specie di barriera in modo tale che il liquido non scolli la retina adiacente. Se invece l’oculista vede rottura e distacco di retina, l’unica terapia in questi casi è solo ed esclusivamente chirurgica.»
«In questo caso qual è il tipo di intervento chirurgico che viene effettuato? Sempre le stesse domande, quindi la tipologia di anestesia, il fastidio che viene poi provato dal paziente e la tempistica di recupero.»
«Qua dipende dalla tipologia del paziente: se per la cataratta l’intervento dura poco ed è sopportabile dal paziente anche la posizione assunta durante l’intervento, che è quella supina, sotto un telino, per questo tipo di interventi c’è il paziente che tollera di stare un’oretta/un’oretta e mezza in posizione, quindi si può pensare ad un’anestesia locale, quindi non in gocce ma peribulbare; se invece il paziente è un po’ ansioso è meglio affrontarlo in anestesia generale. Per rispondere all’altra domanda: non c’è un solo tipo di intervento chirurgico ma in base al tipo di distacco di retina, in base alla localizzazione (se confinata o estesa), in base al numero di rotture e in base alla disposizione di queste rotture all’interno dell’occhio, il chirurgo può scegliere tra una chirurgia episclerale, cioè dall’esterno, in cui si avvicina al tessuto sottostante alla retina scollata e quindi alla rottura, andando ad eliminare dall’esterno la trazione interna dell’occhio, e una chirurgia endovitreale, in cui si asporta quel gel di cui parlavamo prima, che si chiama vitreo, e si appiana la retina dall’interno andando poi a trattare nel primo caso, in genere, con il congelamento della rottura, e nel secondo caso, in genere, con il laser.»
«Una volta che si è effettuato la tipologia di interventistica chirurgica scelta, il distacco della retina si risolve per sempre o c’è la possibilità che bisogna ripetere l’operazione in una seconda fase?»
«I distacchi di retina hanno una probabilità di successo anatomico con singolo intervento tra l’80 e il 90% dei casi se mettiamo dentro quelli estremamente complessi e quelli medio-semplici, mentre con due procedure anche il 95% dei casi. È ovvio che bisogna distinguere il successo anatomico da quello funzionale: noi possiamo avere una retina aderente che funziona poco e una retina aderente che funziona benissimo. Dipende molto da quanto questo liquido ha interessato l’area centrale della retina nel momento del distacco, dipende dalla sofferenza della retina centrale, che, per capirci, è quella che ci dà la possibilità di distinguere come separati due punti e quindi ci dà la capacità visiva; se quella è staccata avrà una prognosi peggiore rispetto a un distacco di retina che interessa solo la periferia.»
«Ci sono dei pazienti che, scrivendo in trasmissione, lamentano un recupero postoperatorio difficile e fastidioso nel distacco di retina. Questo perché? Quali sono gli accorgimenti da usare? C’è un adattamento dell’occhio diverso in un primo momento rispetto a prima?»
«Partiamo dal presupposto che un occhio non operato di distacco di retina produce una cecità assoluta e fa instaurare dei meccanismi all’occhio non operato che possono anche produrre un dolore incompatibile con la vita. Ora noi stiamo intervenendo in questo tipo di situazione e dico che la chirurgia episclerale viene effettuata con l’impianto di materiale in silicone che rimane al di sotto dello spazio congiuntivale, quindi è ovvio che a volte ci vogliono mesi perché la sintomatologia e anche questo discomfort oculare possano regredire; invece nella chirurgia endovitreale il discomfort momentaneo è inferiore, però la chirurgia endovitreale nel distacco di retina da rottura retinica, cosiddetto regmatogeno, è abbastanza confinata.»
«Quindi possiamo stare tranquilli. Io ringrazio il dottor Stefano De Cillà per essere stato nostro ospite. Se volete avere ulteriori informazioni scriveteci all’indirizzo che vedete in grafica in questo momento, che è: Tg Salute, Via Idiomi 1/45, 20090 Assago (MI). Ci si vede la settimana prossima con Tg Salute. Grazie ancora dottor De Cillà per essere stato con noi.»